IMPADRONIRSI DEL TELEFONINO DEL PARTNER: 4 BUONE RAGIONI PER NON FARLO

Gli smartphone, oltre ad essere strumenti sempre più usati nella vita quotidiana, sono diventanti anche i custodi di dati sensibili e riservati.

Non è raro, così, che suscitino le attenzioni indesiderate non solo di hacker e malintenzionati del web ma degli stessi fidanzati e compagni, che vorrebbero controllare chat, telefonate ed altro.

Ci si chiede se ciò sia lecito e se la relazione sentimentale tra due persone consenta di esaminare il contenuto del telefono senza il permesso del proprietario o, addirittura, contro la sua volontà.

Hanno avuto modo di pronunciarsi in materia sia la Corte di Cassazione che i giudici di merito, giungendo a queste conclusioni:

1) ognuno ha diritto di mantenere una sfera di riservatezza anche durante una relazione sentimentale, escludendo gli altri, ivi compreso il partner, dal conoscere determinati fatti della propria vita (v. sul punto Cass. Pen. n. 11467 del 10/03/2015 e la recente Cass. Pen. n. 8821 del 04/02/2021). Violare questo diritto significa, pertanto, ledere la libertà di autodeterminazione di una persona;

2) il consenso a far conoscere il contenuto del telefono, di conseguenza, deve essere sempre espresso chiaramente e non si può presumere neppure tra coniugi i quali, col matrimonio, non acquisiscono il diritto di intromettersi nella sfera di riservatezza dell’altro (v. sempre Cass. Pen. n. 11467 del 10/03/2015 e Cass. Pen. n. 8821 del 04/02/2021);

3) strappare il telefonino dalle mani del proprio compagno per leggerne il contenuto integra il reato di rapina, punibile anche se commessa tra coniugi, come stabilito dall’art. 649 co. 3 c.p.. Infatti, come chiarito dalla Cassazione, il profitto di questo delitto non è necessariamente economico ma può consistere in qualunque utilità – anche solo morale – ricavabile dall’uso dell’oggetto sottratto con violenza (così Cass. Pen. Cass. Pen. n. 11467 del 10/03/2015 e Cass. Pen. n. 8821 del 04/02/2021);

4) esercitare violenza o minaccia sul partner per impossessarsi dello smartphone, così da impedirgli di usarlo, costituisce reato di violenza privata (art. 610 c.p.). In questo caso l’elemento soggettivo del dolo si sostanzia nel voler limitare la libertà personale altrui, costringendo a fare, tollerare o omettere qualcosa. Viceversa nella rapina la volontà è diretta ad impossessarsi, per farne uso come titolare del diritto, di un bene mobile non proprio (sulla distinzione tra i due reati merita lettura la sentenza del Tribunale di Rimini sez. pen. emessa il 16/07/2018).

Per finire potremmo affermare che, qualora l’atteggiamento del partner susciti dubbi o sospetti, non è mai opportuno cercare di risolverli esaminando, non autorizzati, il suo telefonino. Il consenso, infatti, è un elemento imprescindibile per la legittimità di tale condotta. Liberi poi, se questi si rifiuta di prestare l’assenso, di trarre le proprie conclusioni.